Imparare a leggere la simbologia del corpo.
Il corpo umano non è stato modellato a caso, né secondo il principio di qualche originale divinità: ogni sua parte, ogni organo, ogni tessuto e ogni cellula rispondono, nella loro funzione, a un preciso ruolo da svolgere, per custodire l’assetto e la funzionalità del corpo come strumento indispensabile per muoversi nel piano della materia.
Inoltre, anche per via di questa specificità di funzione, la psiche umana ha impresso in se stessa, nel corso dei millenni, una funzionalità e un significato psichico, cioè simbolico, parallelo a quello fisiologico e organico.
Questo vissuto, strutturandosi nel corso dei millenni della storia umana, ha creato – diciamo così – un “ponte” tra la dimensione fisica del corpo e la percezione interiore di esso, parti in realtà inscindibili l’una dall’altra, quasi si trattasse del diritto del rovescio di un unico tessuto.
Quanti di noi hanno provato la sensazione, di fronte all’impossibilità di usare l’auto o il proprio mezzo di trasporto e a causa di un guasto meccanico, di essere o di sentirsi bloccati o impediti nel movimento, quasi che non avessero più né piedi né gambe per muoversi nello spazio fisico?
Questa operazione di “ampliamento della funzionalità fisica” alle nostre numerose “protesi meccaniche” (quali automobile, telefono, microfono, computer e via dicendo) non è altro che la stessa operazione che il nostro cervello e la psiche che lo abita ha fatto, a sua volta, nei confronti delle varie del parti del corpo, che svolgono il compito, in questo caso, di “protesi esistenziali” o, meglio, allungamento, proseguimento e estensione nel mondo fisico di tutto quel mondo interiore, psichico, mentale ed emotivo che noi siamo, oltre la dimensione corporea.
Facoltà invisibili, potremmo dire psichiche, che operano le stesse funzioni, ma su altri livelli.
Ecco allora che, parlando ad esempio degli organi di senso e magari dell’udito, l’organo orecchio diviene estensione di un altro organo, sottile e invisibile, che opera la stessa funzione su di un piano non organico.
L’organo orecchio può dunque essere visto come estensione fisica di un altro organo, invisibile, che svolge la stessa funzione ad un diverso livello: ovvero il sentire delle profondità, che è un percepire, e che ci permette di “accorgerci” di qualcosa che abita un piano diverso, che alberga in un oltre, spesso pluridimensionale.
Altro esempio: gli arti inferiori sono la parte del corpo che permettono a questo, il corpo fisico, di spostarsi nel mondo, ovvero nello spazio fisico del mondo. A livello sottile, invece, essi permettono di “camminare incontro” al mondo, ovvero spostare il mio essere in uno spazio non fisico: in questo caso è lo spazio relazionale.
Per chi ha frequentato almeno un po’ la filosofia orientale, ricorderà di aver sentito parlare di una sorta di terzo occhio, situato fra le sopracciglia; occhio che non esiste nel piano fisico, ma che rappresenta piuttosto l’estensione interiore o, meglio, l’organo sottile che svolge una funzione esattamente complementare a quelli fisici.
Il terzo occhio è in effetti l’organo eterico il cui compito è quello di vedere ciò che non si vede, intuire (dal latino in-tueor, che significa “passare attraverso”), cioè penetrare fra le righe o le fibre della materia, per giungere al di là di essa.
Quindi, per cominciare, alleniamoci a riconoscere il rovescio del tessuto del corpo, cioè la funzionalità simbolica, o analogica, di ogni sua parte in stretto rapporto con la funzionalità organica, fisica e meccanica dello stesso.
Vi faccio un piccolo esempio di come poter cogliere la funzionalità analogica e il simbolo che abita un determinato luogo corporeo:
considerato questo organo o questa parte del corpo, possiamo osservarne il carattere e le caratteristiche; ad esempio, per quanto riguarda l’apparato osteoarticolare, la caratteristica principale è la solidità, la resistenza la stabilità, ma anche la sua profondità, essendo esso collocato nelle profondità invisibili del corpo umano.
Da questa caratteristica possiamo riconoscere la coerenza della loro funzione fisica: quella di dare sostegno, struttura, protezione, generando qualcosa (il midollo e a sua volta il sangue) e contenendo le parti più delicate e preziose.
Ma poi, dalla “osservazione” della funzione fisica, noi possiamo traslare alla “funzione analogica”, verticale, di competenza di questo organo: in questo caso, sempre in relazione all’apparato osseo articolare, ecco che la funzione analogica si rivela capace di fornire il sostegno, il riferimento profondo a tutta la nostra “struttura interiore”, di essa fondante; e questo sostegno è anche materiale, affettivo, sociale.
Si tratta di quella struttura interiore che riguarda le nostre convinzioni intime, profonde, strutturanti, ciò che vi è di più profondo radicato e solido in noi. Ciò su cui è costruito e poggia il nostro rapporto con la vita.
Possiamo addirittura tracciare un collegamento, seppur sottile ma soprattutto invisibile, con il senso di identità: ad esempio, una problematica di osteoporosi può a volte far pensare alla perdita della propria identità femminile (a prescindere dal sesso…) e sicuramente problematiche di tipo osteoarticolare raccontano di problematiche profonde e strutturali dentro di noi.
Ma qual è il simbolo che ne possiamo derivare?
Il simbolo che emana, in questo caso, costituisce proprio il rapporto collegante, il “ponte” (il simbolo è sempre un ponte che unisce sponde opposte) tra la funzione fisica e quella analogica delle parti che ci costituiscono.
Quindi, il simbolo legato al sistema osteoarticolare diviene la “profondità-fondamento”, simbolo che evoca, come abbiamo detto, da una parte la struttura fisica, anch’essa invisibile e profonda, ma anche i principi, le credenze interiori, l’autorità e la potenza, la stabilità, la fermezza e la forza, l’adempimento della norma.
Il sistema organizzativo nel quale viviamo, il sostegno, l’organizzazione profonda e interiore, appunto.
Tutto questo sta scritto dentro di noi. E sta scritto anche nella lingua antica, nella “magia della parola” che evoca tutto ciò, sia nel piano fisico materiale, che in quello sottile ma altrettanto “visibile” se ci addestriamo a riconoscerlo.
Ecco, il significato dell’ebraico antico Esèm, che significa osso. E qui si cela una vera meraviglia.
Ma di questo parlerò nell’ambito del nostro incontro di sabato 21 ottobre a Milano sulla “Colonna Vertebrale, albero della vita”, nella quale sono inscritte le sfide – ma anche le risorse – del nostro meraviglioso e inquietante cammino, tra la Terra e il Cielo.
Vi aspetto.
Loredana