Si temevano cataclismi, tempeste solari, terremoti, calamità cosmiche di vario tipo… alle porte della nuova era. E sommersi da un “cataclisma”- che letteralmente significa inondazione – difatto lo siamo stati. È, innegabilmente, ora, davanti ai nostri occhi.
Mai avrei però immaginato questo: che il vero e grande “disastro” sarebbe stato operato sull’animo umano: provocato nella sua natura più bassa, quella della paura che genera i sentimenti peggiori tra cui la diffidenza e il sospetto rivolto verso tutto e tutti; tempestato di falsità e inondato dalle onde dell’egoismo – se pur dettato da una umanissima paura della morte – reso vile perché troppo spesso mascherato di altruismo…
La sfida è quella del materialismo più buio e più profondo, nel quale tuttavia l’umanità ha dovuto calarsi, nel suo cammino di evoluzione. Scendere nel gradino più basso in cui il processo di incarnazione si compie: scendendo, l’umano si divide, si allontana dall’uno e, soprattutto, dimentica. Dimentica da dove viene, dimentica chi è. Si scollega da tutto quel mondo spirituale che lo ha nutrito e che, al di là dell’apparenza, pur continua a farlo, senza essere riconosciuto.
Che paradosso… involvere per crescere. Sì, ma se prendiamo consapevolezza di questo “cammino” che stiamo facendo, allora l’involuzione non si compirà. Perché comprendiamo la sfida: scendo nella materia, con tutte le sue separazioni e divisioni, i suoi confini e la sua “morte” ma sapendo che questo è il passo necessario per progredire, affinché la consapevolezza mi raggiunga.
Altrimenti vivremmo in una specie di limbo del mai-nato: diventiamo consapevoli dell’invisibile, quando questo si manifesta, e questo avviene tramite il “dolore”. Così, ad esempio, diventiamo consapevoli dello stomaco quando questo duole, e di un problema alla macchina quando questa, per disgrazia, ci lascia a piedi.
Allora mi accorgo che, proprio da questa catastrofe, qualcosa sta nascendo.
Mi accorgo che la “volontà degli astri”, di cui la parola dis-astro mi parla, comincia a rivelarsi ben altro che dettata dall’avversità degli stessi: allora incontro il potente fluir di significati che parlano di senso, di significato e di direzione. Anche l’incompreso, il non-razionale, acquista un suo valore. La mente non lo “capisce”; ma il cuore lo “comprende”.
Perché ho visto oltre: oltre la trappola.
E, soprattutto, ho ricollegato la mia vita materiale alla sua parte spirituale e vitale.
Solo così posso comprendere cosa significa celebrare una “Pasqua” o una “Epifania”, ovvero una rivelazione che segue ad un passaggio, un passaggio di stato della coscienza umana: significa consapevolizzare il significato profondo del dolore. E finanche della morte. Che è un significato finalistico, orientato; non è il “significato causale” che viene dal passato: questo significato, questo “segno”, questo “senso”, viene dal futuro! Ed è un “sacrificio” che rende sacro (come dice la parola) la coscienza che lo compie.
Allora scopro che il “dolore” non è mai fine a se stesso: non può più esserlo da questa prospettiva – che è prospettiva di “Significanza”, cioè di Coscienza – ma si rivela “necessario”, a tutto il cammino.
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